Opera. Storia, teatro, regia (L'). Vol. 2: Il Settecento

Riferimento: 9788842822967

Editore: Il Saggiatore
Autore: Giudici Elvio
Collana: La cultura
In commercio dal: 01 Dicembre 2016
Pagine: 823 p., Libro in brossura
EAN: 9788842822967
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Descrizione

Don Giovanni spacciatore a Harlem. La Contessa d'Almaviva che lascia intendere il suo suicidio, privando Le nozze di Figaro del suo lieto fine. Un teatro d'opera vivo, che parla a noi, qui e ora: è questo il grande obiettivo a cui sempre più registi si rivolgono, decisi a restituire al melodramma il ruolo che è sempre stato suo, quello di interprete privilegiato della contemporaneità. E il Settecento, il secolo di Wolfgang Amadeus Mozart, un secolo di balli di corte e rivoluzioni, è una lente formidabile per osservare relazioni personali, giochi di potere privati e pubblici, amori e odi. Ieri come oggi. Riposte in soffitta le parrucche incipriate, le galanterie, l'eleganza anglo-viennese che avevano paralizzato l'opera fino agli anni ottanta, anche Mozart rivive. Ce lo ha dimostrato Peter Sellars, con il suo Don Giovanni newyorkese, scoprendo tutta la violenza che soggiace a questo capolavoro e alla nostra umanità. E ce lo hanno dimostrato Le nozze di Damiano Michieletto, dove la Contessa, dopo aver risposto con grazia al Conte che le chiede perdono per l'ennesimo cedimento, sorride a se stessa con dolcezza infinita, disperata, straziante, e comprende che quel bene supremo che è l'amore forse non esiste. Un'immagine in cui struggimento, sensualità, melanconia, dolcezza, rimpianto si fondono in suprema poesia. Quella poesia che è l'autentico linguaggio mozartiano. Persuaso che il teatro sia un'arte imprescindibile per comprendere il mondo in cui viviamo e, in ultima analisi, noi stessi, Elvio Giudici instaura un dialogo serrato con il lettore: lo guida sui più grandi palcoscenici del mondo; lo porta dietro le quinte per interrogare le scelte di registi, cantanti, direttori, tecnici; e gli affida questo volume - il secondo di una monumentale storia dell'opera lirica -, in cui, con la passione caparbia e l'eleganza che da sempre sono i suoi tratti più riconoscibili, racconta come l'opera del Settecento possa trasformarsi, non diversamente dal teatro classico o da quello elisabettiano, in specchio universale dell'umanità.